Mi sembra di avere vissuto due anni in questo 2020, due anni dentro un anno solo, che non corrispondono al numero dei mesi ma a quello che hai vissuto.
Prima della pandemia, prima di marzo, l’anno iniziato, seppur con ottimi propositi, era semplicemente un prolungamento di quello precedente. Stesse situazioni, stesse persone, stesso approccio alla vita. Poi, l’inaspettato: la pandemia, il lockdown e la vita che cambia. Anzi cambio io. Il male mi sbatte proprio in faccia, come un cazzotto in pieno viso che non ti aspettavi e che non hai il tempo di schivare. Sono rimasta al tappeto per un po’. Silenzio. Ne ho voluto un bel po’, per capire come rimettere insieme i cocci di un periodo che mi sembrava l’esatto significato della parola macerie. Non era il tempo per sistemare tutto e per una volta l’ho compreso. Non ho avuto la solita mia smania di mettere tutto a posto, di sistemare ciò che non si poteva sistemare, di fingere e ostentare una felicità che non c’era. Questa volta per me era basta fingere, basta dare spiegazioni, basta rispondere alle domande degli altri solo per soddisfare curiosità altrui.
Io e basta. Con un periodo gigante e il silenzio delle strade deserte, delle saracinesche abbassate, di famiglie chiuse in casa con il rischio che l’odio potesse trasformarsi in tragedie. Tempo per me. Tempo di empatia. Che ho sempre avuto ma che ho sentito più forte. Per chiunque. Tutta la sofferenza sentita in quel periodo non la scorderò mai. La mia, certo, ma anche quella data dalle storie altrui. Ognuna diversa.
Poi quella sensazione: limite. Quando senti che più dolore di così non puoi contenere. E tutto diventa superfluo, ingombrante, fastidioso. Scopro che una gabbia può essere tale anche se dorata. Scopro di aver bisogno di ancora meno gente per sentirmi bene. Scopro di aver sempre avuto tempo per ascoltare tutti, per comprendere tutti, per supportare tutti, per aiutare tutti. Ma che quelle stesse persone non l’hanno fatto con me. Scopro di amare il mio lavoro ma di avere una voglia incredibile di impararne altri dieci. Scopro che i Social mi fanno stare male, per quello che vedo, per quello che cerco, per quello che leggo. Così li ho tolti, all’inizio sembrava stranissimo, ad oggi dopo mesi sto bene, non mi mancano. Scopro che la vita umile che ho sempre fatto è perfino troppa e che per vivere abbiamo bisogno davvero di pochissimo. E che perfino quel poco che abbiamo se lo dividiamo in due, o in tre, può essere la felicità di molti. Scopro che non voglio più pensare a cosa sarebbe successo se o a come sarebbe andata altrimenti. Non posso tornare indietro, anche se a volte lo vorrei tantissimo, per infinite situazioni. Ho capito che il tempo che spreco a pensare a come sarebbe andata ieri se avessi fatto altre scelte lo tolgo all’oggi, e quindi al domani. Ed io voglio costruire qualcosa di migliore, oggi. Ho scoperto, però, che anche il domani non è poi così amico. Perché per quanto progetti qualcosa per il domani la vita ti riserverà sempre sorprese, belle o brutte che siano, ti stravolgerà tutto. Ho capito che il tempo che spreco pensando a come andrà domani lo tolgo ancora all’oggi, insieme alla salute che l’ansia si porta via. E la salute e la cosa che diamo più per scontata a questo mondo, ma è anche quella che ti riserva più sorprese, amare, quando meno te l’aspetti. Ho scoperto anche questo. No, non ne vale la pena perdere tempo e salute per qualcosa che ancora non c’è. Oggi, voglio dedicarmi all’oggi. L’oggi per ogni giorno.
Quando è finito il primo lockdown ho scoperto che tutte le belle parole della società, del “sarà tutto diverso”, erano una gran fregatura. Chi era abituato ad odiare ha continuato a farlo. Chi sprecava soldi in robe inutili invece di aiutare gli altri ha continuato a farlo. Chi aveva sprecato tempo a non dire un ti voglio bene ha continuato a non dirne. Tutto era uguale. Anche la maleducazione per le strade, le guerre sui social, i tradimenti al prossimo, le assenze ingiustificate. Il mondo era rimasto uguale ma ero cambiata io. Così ho scoperto ancora nuove cose. Ho scoperto che non mi interessa quasi di nulla e scopro di aver finto per troppo tempo a fare e dire ciò che non volevo solo per compiacere gli altri, per farmi accettare, per farmi volere bene.
Aprile, chi se lo scorda. La pandemia mi ha cambiata, nel profondo. Ricordo di aver preso una valigia grandissima e di averci messo dentro tutto quello che era stata la mia vita prima di quel momento: persone, abitudini, fatti. Ho messo dentro, chiuso in maniera ermetica e spedito. Dove non mi riguarda, ma il più lontano possibile da me. Sono passati mesi e da quel momento mi sembra di vivere un’altra vita. E’ stato quello il vero Capodanno, il vero inizio d’anno. O forse di una vita.
Ho lavorato tanto su me stessa e sulla mia vita da maggio ad oggi. Da maggio, quando ho iniziato a sistemare i cocci dello tsunami che si era abbattuto. Prima di riceverne un altro, subito dopo l’estate. Perché la vita è così, non fai in tempo a sistemare qualcosa, che un’altra è pronta a colpirti. Io, forse, oggi sono io come non lo sono mai stata. Sono io, proprio io, me lo sento dentro dopo essermi sentita per tutta la vita nel mondo sbagliato. Era maggio quando mi sono detta piacere di conoscerti e mi sono scoperta.
Non ricordo più nessuno di quelli che c’erano prima. È capitato, raramente, di avere il pensiero verso qualcuno. Magari un angolo di città, un’abitudine, un’immagine che te li ricordano. Ci ho pensato, ma poi è passato. Ed è stato facile allontanarli. Facile come non lo era mai stato. Nessun dramma, nessun cuore che brucia, nessun dolore al petto, nessun vuoto dentro. Ho scoperto che il tempo sprecato in paranoie e discussioni altrui lo posso regalare a me, ed è bellissimo. Mi sono chiesta se fossi in grado di perdonare i torti altrui e la risposta è stata no. L’ho fatto tante volte nella vita. Ma la verità è che, se l’avessi fatto ancora, avrei fatto una violenza su me stessa. Non sono più arrabbiata con nessuno, ed anche questo è stato un grande passo. Ecco, è questa la differenza. Ho perdonato, dentro di me, perché era la condizione primaria per poter andare avanti. Il rancore, la rabbia, la delusione danneggiano noi stessi. Così come il voler a tutti costi sistemare qualcosa che non si può sistemare o cercare risposte che non sempre ci sono. Ho perdonato ma non ho dimenticato, per questo non potrei più riaprire porte. Ho perdonato per me, non per ricominciare o guardare dalle fessure di quelle porte. Mi sembra tutto così lontano ciò che ho vissuto, così diverso, così non adatto a me. Qualcuno dalla valigia di maggio l’ho salvato. Pochi, che in quel momento lo meritavano. Me l’hanno dimostrato quando non me l’aspettavo, quando non ci speravo, quando non erano obbligati. Sono con me e li custodisco nel privato che ho riscoperto. Non mi chiedo più se ci saranno domani, e nel fondo delle delusioni della vita, mi meraviglio per ogni nuovo giorno in cui riusciamo a salvarci.
Alla fine di questo 2020 così strano, così surreale, così forte e fragile, così veloce e lento, ci sono io. Con la mia nuova vita, con le mie nuove abitudini, i miei progetti, i miei successi e le mie cadute. Perché ci sono sempre ma ho imparato ad accettarle, a non ostentare che va tutto bene quando qualcosa non va solo perché gli altri non sono pronti ad una vita pesante. Perché la mia lo è, lo è sempre stata e forse sempre lo sarà. Non lo scegli, ti capita. Ma forse c’è un motivo per tutto ed io voglio pensare che tante battaglie sono state mandate a me perché ho avuto la forza di affrontarle invece che a persone più fragili che, forse, non ce l’avrebbero fatta. Però ad oggi è questa la differenza. La mia malinconia non la nascondo più, i miei silenzi non li riempio ad ogni costo, le mie fragilità non le cambio più. Il mio passato non è qualcosa che devo provare a cancellare. C’è e ci sarà sempre ed io non mi massacro più provando a diventare chi non sono. Sono io e sono questo e tanto altro. Ma mai più sarò diversa da ciò che sono.
Non credo più al Capodanno e al cambiamento di giorno 1 gennaio. Arriverà com’è arrivato ad aprile 2020. Un mese qualunque del 2021, un giorno qualunque di questo nuovo anno che verrà e che io, spero con tutto il cuore, possa essere almeno una briciola meglio di quello passato. Sono pronta!
Ah dimenticavo, tra i progetti c’è quello di curare questo blog come vorrei. Di scriverci dentro tanto e di tutto. Ma il tempo è poco e le giornate volano via. Intanto inizio da Capodanno, chissà che porti bene!