A volte un rapporto sembra finito. Tra problemi, paure e incomprensioni sembra doversi chiudere per forza. Ti convinci che non debba andare. Se a volte ti viene nostalgia la sposti, quando affiorano i ricordi belli li scansi abilmente e, per dimenticare prima, ti concentri su quelli brutti. Per evitare di crollare, per non pensare alle cose della tua vita che avevi messo in discussione, vai avanti. Ti distrai e ti dedichi ad altro. Ti sembra anche di essere pronta ad un altro rapporto. Ma proprio quando vivi i tratti di questa nuova vita, che ti sembra così lontana da ciò che c’era prima, quel “prima” non fa altro che tornare. E allora forse dovremmo capire che ci sono cose nella vita che per quanto siano lontane, e per quanto le consideriamo parte del passato, in realtà sono rimaste in quell’angolo di cuore in cui sono entrate il primo giorno dell’inizio. Forse la differenza è tutta qui: molte cose finiscono ma altre, nonostante tempo rabbia e distanza, semplicemente restano.
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Sul cuore
Vorrei raccontarti di tutte le volte che ti penso.
La mattina, appena apro gli occhi.
Quelli grandi, che amavi tanto.
Sicurezza e rifugio per te.
Sei già sveglio? Dormi ancora?
Sono tra i tuoi primi pensieri?
Vorrei raccontarti di tutte le volte che ti penso.
È mattina presto, io e te e basta,
una passeggiata in una città sconosciuta.
Sono in cucina, l’odore del caffè.
Sarà dura anche questa giornata?
Mi avresti detto no, anche se sapevi
sarebbe stato un sì.
Di quando entro al supermercato.
Vorrei comprarti tutto quello
che non posso più regalarti.
E che sarebbe stato sempre la metà
di tutto quello che tu compravi per me.
Stasera mangio fuori.
Sto chiudendo casa e penso a te.
Scendo le scale e penso a te.
Apro il portone e guardo la macchina,
anche se lo so che non ci sei.
“Dove andiamo?” Chiedevi.
“Non lo so, scegli tu” Rispondevo.
E passavamo delle ore. Indecisi e complici.
Divertiti e complici. Arrabbiati e complici.
Complici sempre, io e te.
Invece stasera hanno già scelto.
Non passerò delle ore, indecisa.
E non sarò complice, di sguardi e sorrisi.
Di baci e abbracci stretti.
C’è la nostra canzone.
Al mare e al centro commerciale.
In macchina e alla televisione.
Stai cercando un modo per parlare?
C’è una coppia di anziani, qui davanti a me.
Si sorridono, stretti, e un po’ litigano,
ma sempre stretti.
“Io e te tra qualche anno” Avresti detto.
Avrei sorriso. Sorrido anche adesso.
Chissà se torneremo, tra qualche anno.
Vorrei raccontarti di tutte le volte che ti penso.
E sono tante, come vedi.
E ne mancano molte altre, mi credi?
Il tempo non serve a dimenticare,
la distanza non basta per non amare,
il silenzio si può ascoltare.
Ti porterà lì, dove sei rimasto,
lì, dove ti tengo.
In alto, a sinistra.
Sul cuore.
Giorno 6
Una candelina per ogni nostro errore,
per ogni parola detta di troppo
e per altre dette troppo poco.
Una candelina per ogni spesa fatta insieme,
per ogni piatto cucinato,
per ogni tavolo apparecchiato.
E poi un’altra,
per ogni broncio e per ogni silenzio,
per ogni sorriso e ogni risata.
Un’altra ancora,
per ogni difetto sopportato,
per ogni problema superato,
per ogni distanza colmata.
Una candelina per ogni promessa,
per ogni speranza,
per ogni ricordo bello che batte il male.
Un’ultima per ogni forza che c’è mancata,
per ogni terza persona ascoltata
che si è messa in mezzo quando ci ha trovati
fragili e arrabbiati.
E quindi sono sei le candeline,
come il tuo giorno ed anche il mio.
E chiamarsi fa paura. Nel doverci dire troppo
e nel finire a dirci niente.
Per poi scoprire che non siamo più noi.
E allora, impauriti, ci accontentiamo dei ricordi.
Soffia su ogni candelina,
sorridi ad ogni torta e ad ogni sorpresa.
Anche se non è mia. Che io sono qui e tu sei lì.
Anche se non so dove. Ma, ovunque sia,
stasera esprimi un desiderio, e poi soffia.
Coprirla di notte
Era con amiche e si parlava di uomini e regali.
E di colpo si era ricordata che lui non le aveva
mai fatto un regalo nei mesi che erano stati insieme,
eppure a lei la cosa non le era mai pesata, nemmeno adesso a distanza di tempo.
Provò a chiedersi il perché, e la risposta arrivò immediata: le aveva regalato molto di più. Presenza, attenzioni, dimostrazioni. Lui c’era sempre. La voleva sempre. L’amava sempre. Anche le poche volte che non erano insieme, anche quando lui era al lavoro, perfino quando erano litigati.
Le regalava molto di più amandola nelle piccole cose.
Come quando si sacrificava a dormire con la coperta
in pieno agosto, solo perché lei soffriva il freddo, mentre lui non sopportava il caldo.
Ma la dimostrazione d’amore più grande arrivava in piena notte, mentre lui pensava che lei dormisse: lui si svegliava solo per controllare che lei fosse coperta.
La toccava e si rendeva conto di quanto fosse ghiacciata. Così tirava la coperta dal fondo del letto e la copriva. La mattina dopo non le diceva niente, ma non sapeva che lei in quelle notti spesso era sveglia, e che amava tanto prendersi quella piccola attenzione che nessuno aveva mai avuto per lei, e che nessun regalo avrebbe mai potuto darle.
L’amore non ha logica
L’amore è chiudere gli occhi e sentirsi a Casa.
L’amore è stare in un abbraccio e sentirsi in pace.
L’amore è mettere qualcun altro prima di tutto,
anche di te stesso.
Migliorarsi, smussarsi, incastrarsi.
L’amore è pensare al domani come migliore di oggi.
L’amore è pazzia, follia. Agire senza un senso logico.
Abbandonare la testa e la ragione. Seguire il cuore.
Fare promesse che non si manterranno,
programmi che non si realizzeranno,
progetti che non si concretizzeranno.
L’amore è stanchezza, rabbia, litigio, paura, distanza.
ma è anche il sole e il sereno dopo tutto questo.
Jack e Phyllis: un esempio d’amore
Questa storia parte dalla città di Rochester, a New York. Ed è una storia vera, non un film, non un libro, non una fiction. Realtà.
Il 4 ottobre 1941, due ragazzi di 17 anni si incontrano durante una festa. Basta un solo sguardo per innamorarsi. Un solo sguardo per capire che quella sarebbe stata la loro fermata.
Jack aveva l’abitudine di scrivere, le sue emozioni, i suoi pensieri, ciò che gli capitava e che meritava di essere scritto. Oggi lo ringraziamo, perché grazie a questo abbiamo conosciuto la storia di questo amore.
Un amore che ha inizio quella sera. Quando, dopo la festa, Jack sul suo diario scrisse: «È stato un pomeriggio fantastico. Ho incontrato una ragazza meravigliosa. Ed ho ballato con lei. Spero di rivederla».
Si perdono di vista, i tempi sono complicati: è in corso la prima guerra mondiale, che stravolge tutti gli equilibri della vita.
L’amore però, quando è vero, ritorna sempre. Puoi percorrere chilometri di distanza, possono passare anni, nel mezzo può accadere qualsiasi cosa. Ma l’amore, quell’amore, torna. Torna sempre. Perché di fronte all’amore non può vincere nemmeno la volontà umana, di allontanarsi, partire, dimenticare. Non puoi. La vita prima o poi ti rimetterà di nuovo a faccia a faccia con l’amore che ha scelto per te. Il tuo. Uno solo.
Il 20 febbraio 1943 Jack e Phyllis si incontrano di nuovo. Si guardano. Nulla è cambiato. Lui le chiede di sposarsi, lei accetta.
Jack fino a 90 e più anni scrive tutto. Annota tutto sul suo diario. Di quella storia d’amore che non ha avuto fine. Piena di attimi felici, certo, ma anche di momenti difficili, in salita, momenti in cui molti altri avrebbero mollato. Lui no, loro no. Si sono impegnati, giorno per giorno, per non far finire la loro storia. Lui mettendoci un pizzico in più di tutto: di fatica, d’amore.
Nel 2008 Phyllis comincia a non stare bene. Si ammala di demenza senile. All’inizio in maniera lieve, poi sempre più grave.
In quel momento Jack soffre in prima persona, come se la malattia avesse colpito lui. Perché Phyllis, spesso, comincia a non riconoscerlo più.
Jack prova a curarla, da solo, in casa. Ma non ci riesce. Così Phyllis viene ricoverata in un centro specifico. Ma il marito non l’abbandona. Né si perde d’animo di fronte alla perdita di memoria, che la malattia comporta, per Phyllis.
Non possiamo nulla di fronte alle malattie, non siamo farmaci, non siamo la scienza. Ma possiamo amare. E, a volte, l’amore è davvero più forte di tutto. Così Jack decide di non arrendersi. E per quanta disperazione sente dentro di lui tutte le volte che lei non lo riconosce, non può accettarlo. Non può accettare che la donna che ama da 70 anni, con la quale ha condiviso ogni giorno della loro vita insieme, abbia dimenticato tutto.
Jack decide che la malattia non avrebbe vinto di fronte all’amore. Sì, avrebbe aiutato Phyllis a ricordare. Anzi, l’avrebbe aiutata a non dimenticare. Non loro, non la loro storia, non la loro vita insieme.
Ci riesce, o almeno ci prova, grazie ai preziosi diari che Jack ha scritto durante gli anni. Con quelli, può raccontare a Phyllis chi sono stati durante i loro 70 anni d’amore.
Nei loro dialoghi, nei loro litigi, nei loro attimi più belli e in quelli più semplici durante i quali hanno vissuto la quotidianità.
Perché Jack non ha mai smesso di scrivere quei diari. Nei quali ha sempre parlato di lei. E di tutte le cose che hanno fatto insieme.

Da 10 anni Jack, ogni giorno, si reca nella casa di cura dove la moglie è ricoverata. Passano il tempo insieme. Lui non l’abbandona un solo attimo. Le parla, le legge la storia della loro vita. Stringendola a sé, quando Phyllis glielo permette, quando non lo vede troppo come un estraneo. E lui stringe più forte in quegli attimi in cui lo riconosce, per provare a fare scorta del calore e del contatto della moglie. Gli serve durante i giorni più duri, i più frequenti. Quando Phyllis non riesce a farsi abbracciare, quando per lei quello non è il marito né l’uomo che ha amato per una vita. Non sa chi sia. Sono proprio quelli gli attimi in cui Jack soffre di più. Gli attimi in cui, spesso, sarebbe scappato. Ma non l’ha mai fatto. Ha accettato, ha aspettato paziente i giorni migliori.
E c’è stato un giorno migliore. Un attimo migliore. Quello in cui Phyllis l’ha riconosciuto. Quello in cui, per un attimo, sono ritornati ad essere Jack e Phyllis. Quello è stato l’attimo che ha dato forza a Jack.
Così, ogni mattina, lui si affaccia nella stanza della moglie. La guarda per un attimo, prima di entrare, sperando che quello sia un giorno giusto. Un giorno in cui essere riconosciuto, o almeno accettato accanto, tra le letture di quei diari. E se così non sarà, se quello non sarà il giorno giusto, non importa. Jack entrerà comunque. Jack ci sarà sempre. Con lei. Per loro.
Ogni giorno Jack e Phyllis rivivono la loro storia d’amore come se fosse il primo.
L’orgoglio: usato come forma di protezione porta, invece, soltanto a perdere chi si ama.
L’orgoglio viene visto spesso come una forma di protezione, un’armatura contro le debolezze. Eppure, se non controllato, metterà solo un muro tra voi e gli altri. Impedendovi d’amare e di lasciarvi amare.
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