Ritrovarsi

Si aspettano all’aeroporto. E l’attesa li rende immobili:
tante le paure, tante le domande, tante le speranze.
E poi accade. Si guardano da lontano.
Ed uno sguardo trova già tutte le risposte.
E si corrono incontro.
E si trovano l’uno nelle braccia dell’altro.
E rimangono fermi così,
per il tempo che si sono mancati,
per quello che hanno sbagliato,
per quello che non hanno compreso.
Si guardano e improvvisamente
si sono perdonati ogni mancanza distratta,
ogni ferita che si sono fatti,
ogni errore che hanno commesso,
ogni addio detto e mai voluto.
E sono lì. Occhi negli occhi. Cuore su cuore.
L’uno nel respiro dell’altro.
La gente continua a partire. La gente continua a tornare
Gli aerei sopra i loro volti decollano.
Ma per loro non c’è gente, e non c’è aereo.
Ci sono loro. Adesso ritrovati.

Giorno 6

Una candelina per ogni nostro errore,
per ogni parola detta di troppo
e per altre dette troppo poco.
Una candelina per ogni spesa fatta insieme,
per ogni piatto cucinato,
per ogni tavolo apparecchiato.
E poi un’altra,
per ogni broncio e per ogni silenzio,
per ogni sorriso e ogni risata.
Un’altra ancora,
per ogni difetto sopportato,
per ogni problema superato,
per ogni distanza colmata.
Una candelina per ogni promessa,
per ogni speranza,
per ogni ricordo bello che batte il male.
Un’ultima per ogni forza che c’è mancata,
per ogni terza persona ascoltata

che si è messa in mezzo quando ci ha trovati
fragili e arrabbiati.
E quindi sono sei le candeline,
come il tuo giorno ed anche il mio.
E chiamarsi fa paura. Nel doverci dire troppo
e nel finire a dirci niente.
Per poi scoprire che non siamo più noi.
E allora, impauriti, ci accontentiamo dei ricordi.
Soffia su ogni candelina,
sorridi ad ogni torta e ad ogni sorpresa.
Anche se non è mia. Che io sono qui e tu sei lì.
Anche se non so dove. Ma, ovunque sia,
stasera esprimi un desiderio, e poi soffia.

L’arte del Kintsugi: salvare i rapporti, partendo dagli errori

Quando un oggetto, cadendo, si rompe in mille pezzi, l’istinto è quello di buttarlo, seppur dispiaciuti o arrabbiati. Lo stesso succede con i rapporti umani. Eppure c’è un’alternativa, più faticosa ma sicuramente più importante: si chiama Kintsugi.

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