Ad un certo punto ti ritrovi così, occhi negli occhi, lì davanti a chi ami. Coraggiosa e forte, a prenderti quel dolore. Lì, mentre il dolore ti attraversa e ti senti svuotare, cerchi un senso. Che sia uno. Una sola cosa che in questa vita abbia un senso e che non sia stata vana. E di colpo ti viene in mente una sola persona. E lì non senti più le parole di chi hai di fronte e ti sta ferendo, spezzandoti il cuore. Lì pensi a quella persona che, forse, è stata sempre accanto a te. La pensi con tutta te stessa, e tutto ti appare chiaro. E comprendi che per una porta che vuoi chiudere, e mai più riaprire, un’altra merita di essere lasciata socchiusa. Quella sì.
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Quello che ti auguro
Quello che ti auguro è di riuscire a rialzarti sempre, anche quando le cadute sembreranno più forti e la tentazione di restare lì, immobile a terra ad aspettare che la vita passi, sarà inevitabile. La vita non passa e non aspetta nessuno, affrontala, conquistala e vincila. Ti auguro di vincere. Le tue battaglie, le tue sfide, i tuoi limiti. E quando non sarà possibile, quando perderai, ti auguro di resistere e di saper trarre tutta la forza e l’insegnamento per non perdere più.
Gli odori della nostra vita
Ci sono odori e profumi che non possiamo dimenticare, nemmeno a distanza di mesi o anni. Perché sono gli odori che hanno fatto da colonna sonora ai momenti più importanti della nostra vita.
Quando ci riferiamo a questo tipo di odori, non intendiamo il profumo in sé, cioè quello confezionato che ogni persona usa. Anche se è vero che spesso amiamo il profumo che qualcuno indossa, e ci capita di risentirlo negli altri o semplicemente in giro, quello di cui parliamo è un altro tipo di profumo.
È un odore che non si sente soltanto con il naso, con l’olfatto. È un odore che si sente con la pelle, con gli occhi e con l’anima. Sono quei profumi che ti entrano dentro, senza che te ne accorgi, e poi ti restano. Sono i profumi che più ti scombussolano, che ti provocano emozioni, belle o brutte che siano. Che ti evocano ricordi e ti fanno rivivere costantemente lo stesso momento di quando l’hai sentito.
Questo tipo di profumo non sempre ha una spiegazione. Tu cammini per strada, senti un profumo e lo colleghi a qualcosa. Non sempre focalizzi subito cosa. A quanti di noi è capitato di dire “mi ricorda qualcosa ma non so cosa”. Ecco. Non sempre un profumo è immediato. Non sempre l’associazione è chiara. Magari dentro di voi quell’odore è entrato, e li è rimasto, ma senza che voi ve ne siate accorti. O forse l’associazione è dolorosa, il ricordo di quel momento o di quella persona lo è, e allora inconsciamente lo rimuovi, non lo accetti, non vuoi sentirlo. Il più delle volte questa lotta interiore con noi stessi è inutile. Un odore ti entra dentro e lì resta.
I primi profumi che ricordiamo sono di solito associati a periodi della nostra infanzia. Penso che ognuno di voi ha il suo, o anche di più.
Io il primo che ricordo lo associo a mia nonna. Che poi è la persona che mi ha cresciuta. Una mamma. Ed è quello della salsa. Ne associo molti altri a lei, ma questo è quello più forte. Si alzava prestissimo per farla. Il profumo saliva su per le scale, oltrepassava due piani. Non ho più conosciuto nessuno che facesse la salsa come mia nonna. Io poi nemmeno ne mangio. Mangiavo la sua però. La mangiavo non con la bocca ma col naso, quasi. Anche mia madre a casa la faceva, ma non era come quella di nonna. Nessuna salsa lo è mai più stata. Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di magico in quel sugo. Forse era la combinazione perfetta del sale e dello zucchero. O forse i pomodori che sceglieva con cura. O forse quel modo di girarla alla perfezione, mentre per la casa riecheggiava il borbottio della padella scoppiettante. Io nemmeno arrivavo ai fornelli, piccola com’ero. E poi a nessuno era permesso mettere le mani mentre la nonna cucinava, la salsa soprattutto. Però io ero speciale, a me lo permetteva. Per aiutarmi ricordo che prendeva una sedia, mi aiutava a salire e finalmente la mia altezza combaciava con i fornelli. Mi dava il mestolo e avevo il permesso di girarla. Nel senso in cui mi diceva lei, correggendomi quando sbagliavo il senso o l’andatura.
Ai nonni penso che i nipoti associno un sacco di odori. Mio nonno ad esempio, appena il giardiniere andava via, mi prendeva per mano e mi portava in giardino. Ci sedevamo sull’erba, lì in campagna e mi diceva di respirare. Si sentiva l’odore dell’erba appena tagliata. Non credo amassi particolarmente la campagna io, sono sempre stata più un tipo da città, fin da piccola, però il nonno riusciva a farmelo amare quell’odore. Mi diceva che era l’odore di rinascita. Il prato tagliato era la metafora della vita: quando qualcosa non va più bene non si può restare immobili né aspettare, bisogna fare qualcosa. Si taglia la parte che non va bene, ma non si toccano le radici, la parte più vera e profonda di noi stessi. E come il prato riprende a respirare, anche noi possiamo riprendere a farlo. Non saprei dire se da grande sono stata così brava a rispettarla questa metafora. Ma so che l’odore è rimasto.
Però gli odori non sono soltanto così specifici: salsa = nonna, erba = nonno. Di questi possiamo averne a migliaia. Tanti odori che associamo ad una madre, ad un padre, ad un familiare caro o ad altri. Io in realtà non mi ero mai soffermata a pensare agli odori. Ho iniziato quando ne sentivo uno e non sapevo spiegare quale fosse. Mi riferivo al profumo dell’estate. Io questa stagione non l’ho mai amata particolarmente, amo il mare sì, ma non ho ricordi belli e importanti collegati. Quando è arrivata ho iniziato a guardarmi in giro, mi sentivo circondata da odori. Senza nulla di specifico. E li associavo tutti ad una persona. Che fa parte del passato. Che non fa più parte della mia vita, ma che ha reso per la prima ed unica volta nella mia vita, un’estate speciale. Forse perchè odorava di felicità, di sentirsi amata, finalmente. Allora mi sono accorta che ogni tratto d’estate, ogni raggio di sole, ogni luce di luna, ogni sera stellata, ogni frastuono di bambino e di vita fino a tardi me lo ricordava. È stato lì che ho capito che un odore può essere qualcosa di indefinito. L’odore di una stagione, senza nulla di specifico ma tutto che si associa.
Così mi sono interrogata. Ho iniziato a riflettere sugli odori indefiniti e non specifici. E mi sono accorta che sono un sacco quelli che possiamo associare.
Ad esempio c’è l’odore dei fallimenti. È l’odore di quando volevi far qualcosa ma non hai potuto, di quando ci credevi ma non è andata. L’odore di quando non ci sei riuscito.
Poi c’è l’odore della rabbia. Quando sei così arrabbiato con il mondo che vorresti spaccarlo tutto, pezzo per pezzo. Quando sei così arrabbiato che quasi non respiri. L’odore di quando vorresti urlare piangere e colpire un muro. E invece quella rabbia è così grande che non riesci a fare nulla. Quel dolore che se ne sta lì, immobile dentro di te. Ecco, l’odore del dolore. Il più forte di tutti, quello che ti resta dentro l’anima. Non credo esista un solo odore per il dolore.
Il dolore, di solito, è collegato ad un momento o ad una persona, e avrà un odore che non sarà uguale per ogni brutto momento o per ogni persona che ci ha fatto male. Però il dolore è universale. Il petto che si spacca, le gambe che vacillano, il cuore preso e frammentato. È quello. L’odore di quando credi di non farcela. Di non potercela fare. L’odore del vuoto che ti resta dopo, quando il dolore ti cambia. Ti svuota e ti fa chiudere alla vita. Anche se non glielo dovremmo permettere. Anche se dovremmo ricominciare ogni giorno come se non avessimo mai sofferto, ma non si può.
L’odore della rabbia, del dolore, della paura. Figli della stessa madre.
L’odore dell’abbandono. Non ti ho trovato più.
E poi c’è l’odore del tempo. Quando la vita ci scappa tra le mani e ci sentiamo in ritardo. Come sei arrivato fino a qui? Di già? Avevi tanti progetti, tanti sogni, dove sono finiti? L’odore del tempo che corre. Che non si ferma. Che non ti aspetta. I rimpianti ed i rimorsi. “Avrei potuto dire, avrei potuto fare”, “e se…”. E mentre pensiamo a tutto quello che non è andato, a tutto quello che avremmo voluto fare e non abbiamo fatto, a tutti gli errori commessi, il tempo continua a passare. E noi ne perdiamo dell’altro.
E poi ci sono i due odori più importanti: quello dell’oggi e quello del domani.
L’oggi profuma della mia migliore amica. Lei ha tutti i profumi della mia vita. Odora di pollo al curry, di cocco e di vaniglia. Ma odora anche di Casa, di un porto sicuro, di notti tra lacrime che diventano sorrisi. Odora di mani che ti tengono. Di abbracci sentiti, pochi. Ma forti. Odora di cose mai conosciute e d’improvviso scoperte. Di fiducia. Di rispetto. Di ritorni. Di litigi e di pace. Odora di famiglia, di chi puoi contare, di chi c’è. Odora di silenzi, che non pesano perché sanno già parlare. Odora di serenità. Di racconti complici mettendo a nudo tutta te stessa. Lei ha tutti gli odori che sento in giro. Odora di Vita. Odora di Amore, qualunque forma sia.
L’odore del domani non lo conosco. Nessuno di noi lo conosce. Mi piace pensare che sia un odore bello, che la felicità si farà sentire. Che non può girare sempre contrario il vento. Ma se così dovesse essere va bene anche perché, alla fine, gli odori che ci hanno fatto più male sono anche quelli che ci hanno reso così forti come siamo oggi.
Siamo chi siamo più per il dolore vissuto che per le cose belle, e se impariamo a pensare che tutto accade per un motivo possiamo accettare qualsiasi vento contrario.
La vita mette alla prova un amore per vedere quanto è forte
Non tutti gli amori sono uguali, alcuni impiegano più tempo per imparare a capirsi, a conoscersi, ad incastrarsi.
Ci sono amori che, pur amandosi, si fanno un sacco di male senza volerlo.
Forse perchè ci sono persone giuste che si incontrano nei momenti sbagliati. Forse perchè la vita li vuole mettere alla prova, quegli amori. Per vedere quanto sono forti.
Qualcuno dice che amare significa solo stare bene e mai ferirsi. Beh io credo che dipenda. Ci sono amori che imparano a funzionare solo dopo essersi fatti a pezzi.
Ecco, forse a volte ci si fa a pezzi per incastrarsi meglio.
Cadrai? Ti rialzerai! Ti amo amore mio
Eravamo in piazza, tra amici. Avevamo avuto discussioni, poi lui era partito, ed erano settimane che non ci vedevamo. Avevo il cuore a mille, anche se dubitavo che vedersi potesse essere ancora come prima. Magari saremmo stati gelidi, cambiati, indifferenti. Poi fu un attimo. Arrivò e il tempo di nemmeno un ciao già lo stavo abbracciando. “Ciao amore mio”, pensai dentro di me.
Più tardi mi si avvicinò qualcuno che per me era come una mamma. Mi portò più in là, in disparte.
«Cos’hai piccola? Lo vedo che non stai bene.»
«Sì, è un periodo pesante. Tanti problemi diversi.»
«E qui come va?» Mi chiese poggiandomi una mano all’altezza del cuore.
Poi si voltò a guardare il mio lui. Rimasi sorpresa perchè non le avevo detto nulla in quei mesi, era un sentimento così pulito che avrei voluto tenerlo protetto dal mondo, la paura di perderlo era immensa. Non facevamo grossi gesti davanti agli altri.
«Come l’hai capito?» Le chiesi.
«Lo so da mesi. Un giorno vi ho visti insieme, era Gennaio. Lui ti sfiorava come solo chi ti ama può farlo, e tu lo guardavi come solo chi ama può guardare.»
Feci un sorriso imbarazzata. «Sì però non funziona. Non lo vedo preso, sono sempre io a rincorrerlo. Ed ho paura di soffrirci dopo.»
«Piccola mia, io lo so che fino ad oggi hai solo sofferto, che le cose non sono mai andate per come ti meritavi e che la tua fiducia nel mondo è minima, ma non puoi frenarti per questo. Lo vedi quell’uomo laggiù?» Mi disse indicando il mio lui. «Vattelo a prendere. Buttati con tutta te stessa. Fate qualcosa! Sposatevi, fate un figlio, andate a vivere insieme! Costruitevi qualcosa di vostro, solo vostro. Andrà male? Ti accorgerai che le tue paure erano giuste? Cadrai? Ti rialzerai! Come tutte le volte che l’hai già fatto fino ad oggi. Lo vedi quell’altro uomo laggiù?» Mi disse indicando suo marito. «Ero molto più piccola di te quando ho messo in gioco tutta me stessa. Avevo solo 20 anni, un figlio in arrivo e la paura di saltare. L’istinto era quello di buttare tutto all’aria, e continuare per la mia vita. Ma se lo avessi fatto oggi non avrei la famiglia meravigliosa che ho. Vuoi sapere se è stato facile in questi anni? No! In 20 anni ho pensato di divorziare almeno 17 volte, tenendo conto solo di quelle serie! Siamo arrivati a dirci di tutto, abbiamo litigato così tante volte da perdere il conto, ci siamo allontanati e abbiamo lanciato anche qualche piatto forse. Ma ci siamo sempre ripresi, sempre tenuti, sempre amati. E lo amo ancora oggi, e lui ama me. Adesso andiamo da loro.»
Mi prese a braccetto e ci dirigemmo verso i nostri uomini. Arrivai dal mio e decisi di fare un altro passo verso di lui, perchè alla fine lo facevo per noi. Avrei voluto ne facesse uno lui, almeno stavolta. Avrei voluto essere più orgogliosa e farmi inseguire un po’. Ma con lui non funzionava. Se scappavo lui mi lasciava andare. Ci teneva poco? Può darsi. Ma in quel momento non riuscivo ancora a lasciarlo andare.
«Vieni un attimo con me?» Gli dissi prendendolo a braccetto. Lui annuì. Camminammo un po’, allontanandoci dalla piazza e da occhi indiscreti. Mentre camminavamo scherzammo un po’: «che è successo?» Mi chiese lui.
«Ti devo rimproverare per una cosa.» Gli dissi. Mi guardò preoccupato.
E invece, non appena fummo sufficientemente nascosti, lo guardai occhi negli occhi. Gli stessi occhi che amava tanto, gli stessi che sistemavano sempre tutto. Mi avvicinai piano piano «mi sei mancato» gli dissi.
«Anche tu» mi rispose. Da lì non ricordo più il dialogo perchè ero totalmente andata, persa. Ci baciammo di un bacio bellissimo. Erano mesi di baci eppure quello mi sembrò il primo. A volte con lui accadeva. Guardarsi era ogni giorno come il primo giorno. Fu bellissimo quella sera. Era come se la gente intorno a noi fosse scomparsa.
Poi ci guardammo ancora, sapevo cosa voleva sentirsi dire. Mi aveva detto ti amo un po’ di tempo fa ma io non ero mai riuscita a dirglielo. Ero molto chiusa sentimentalmente, e molto spaventata. Piena di ferite e cicatrici. A volte mi aveva un po’ spinta a dirglielo, e la cosa mi aveva infastidito. Ma non gliel’avevo mai detto. Così quella sera provai a farmi forza, ad andare oltre i miei limiti. Avevo interrogato il mio cuore e speravo mi aiutasse a parlare per me, che di parole ne usavo pochissime.
«Cosa provi per me?» Mi chiese.
Glielo dissi, mentre mi scoppiava il cuore: «io ti amo».
Mi sorrise: prima con gli occhi, che si illuminarono, poi con tutto il resto del viso. E mi strinse fortissimo.
Giorno 6
Una candelina per ogni nostro errore,
per ogni parola detta di troppo
e per altre dette troppo poco.
Una candelina per ogni spesa fatta insieme,
per ogni piatto cucinato,
per ogni tavolo apparecchiato.
E poi un’altra,
per ogni broncio e per ogni silenzio,
per ogni sorriso e ogni risata.
Un’altra ancora,
per ogni difetto sopportato,
per ogni problema superato,
per ogni distanza colmata.
Una candelina per ogni promessa,
per ogni speranza,
per ogni ricordo bello che batte il male.
Un’ultima per ogni forza che c’è mancata,
per ogni terza persona ascoltata
che si è messa in mezzo quando ci ha trovati
fragili e arrabbiati.
E quindi sono sei le candeline,
come il tuo giorno ed anche il mio.
E chiamarsi fa paura. Nel doverci dire troppo
e nel finire a dirci niente.
Per poi scoprire che non siamo più noi.
E allora, impauriti, ci accontentiamo dei ricordi.
Soffia su ogni candelina,
sorridi ad ogni torta e ad ogni sorpresa.
Anche se non è mia. Che io sono qui e tu sei lì.
Anche se non so dove. Ma, ovunque sia,
stasera esprimi un desiderio, e poi soffia.
L’amore è
L’amore è amore e basta.
E forse non va nemmeno spiegato, forzato, trascinato.
L’amore è carezze e abbracci stretti.
Occhi che si vogliono,
labbra che si cercano,
mani che si stringono.
L’amore è contare i secondi che dividono,
i minuti che separano, le ore che allontanano.
L’amore è amarsi sempre un po’ di più dell’attimo prima.
E poi l’amore va detto, va dimostrato,
va urlato, va dipinto, scolpito.
Sul muro, su un sasso, su una tela, sul cuore.
Ma non va mai rinchiuso, temuto, rimandato.
L’amore è fortuna già incontrarlo, provarlo, sentirlo.
Perché il cuore non batte per chiunque,
non tutti gli abbracci riscaldano,
non tutte le mani confortano,
non tutti i baci ne esigono un altro
e poi un altro ancora senza saziarsi mai.
L’amore è fragile, se non lo tieni stretto non resiste.
L’amore è delicato, va nutrito, respirato.
L’amore è tutto senza essere niente.
Ecco. L’amore.
La stima di mia madre
L’amore è mia madre
che davanti a tutti,
durante un gioco da tavolo,
alla domanda stupida “a quale personaggio ti ispiri?”
non risponde nessun supereroe né personaggio famoso come gli altri che hanno risposto prima di lei,
ma mi guarda da lontano
e dice: “a mia figlia. Vorrei essere come lei. È la donna più forte che conosco, senza di lei non sarei riuscita a fare nulla”.
Resilienza: cadere, rialzarsi e ripartire
Resistere agli urti della vita riuscendo, dopo un momento difficile, a riprendere in mano se stessi, la propria vita e ricominciare. Ecco la resilienza.
Continua a leggere “Resilienza: cadere, rialzarsi e ripartire”Il potere terapeutico del mare
Calmo o in tempesta, sembra capire sempre il nostro stato d’animo. Ci ascolta, ci aspetta, ci rasserena. Sembra sapere ogni volta di cosa abbiamo bisogno. E dopo averci ascoltati, ci aiuta a trovare le risposte che cercavamo e a ritrovare la forza per riprendere a camminare sulla la nostra strada.
Continua a leggere “Il potere terapeutico del mare”