Lui lo aveva capito da tanto che io non lo amavo più, ma io non lo sapevo.
Era tornato tante volte. Negli ultimi tempi mi era stato molto vicino. Adesso era arrivato però il momento di dirglielo, anche se era difficile: per lui perchè l’avrei fatto soffrire, per me perchè l’avrei perso. E per me era sempre stato un punto di riferimento. Però dovetti prendermi di coraggio, e al suo ennesimo “perché no?” glielo dissi: “io non ti amo più”. La prima volta provo a zittirmi la bocca con la mano, lo spostai. La seconda mi parlò di sopra smorzando le mie parole. La terza dovette ascoltarmi: «Ci sono molti amori che tornano, che si ritrovano, anche più belli di prima. Ma non questo, non noi. La mia testa è altrove. E per quanto vorrei impormelo io non ti amo, non ti amo più». Ci fu silenzio. E proprio quando mi aspettavo insulti e ulteriori richieste mi disse soltanto “Lo so”.
«Lo sai?» gli chiesi.
«So che non mi ami più da moltissimi mesi. O forse da sempre. Dalla prima volta in cui mi parlasti di lui.» Poi proseguì ricordandomi alcuni episodi, qualcosa che avevo detto e che nemmeno ricordavo. Mi chiesi perché avesse fatto così tanto nell’ultimo periodo pur sapendo per primo che, anche quando sembravo confusa, non lo amavo. Sembrò leggermi nel pensiero: «Ci ho provato, fino all’ultimo. Se è questo che ti stai chiedendo. Sono tornato, e sono rimasto, sperando ti accorgessi di nuovo di me. Speravo che tornassi ad amarmi come quando c’ero solo io, che tornassi ad amarmi come un tempo, prima che commettessi l’errore di perderti.»
Ma quel tempo non c’era più, e questo ormai da tanto non era più il nostro.
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La notte delle stelle
Della notte di San Lorenzo ricordo
sorrisi dolci a cena,
una piadina per due.
Sguardi complici e frasi perfette
dette e non dette
inizi tu e completo io.
Annusarsi la pelle
dentro quel piccolo locale fatto per due
“Perché mi annusi?” ti ho chiesto
“Ogni tanto controllo se sei reale” mi hai risposto.
Ho sorriso. Hai sorriso.
“Adesso ti porto a vedere le stelle” mi hai detto,
“al mare o in montagna?” mi hai chiesto.
“Scegli tu” ti ho risposto.
Non mi importava delle stelle:
cos’altro avremmo potuto desiderare?
Avevamo tutto, eravamo tutto.
Della notte di San Lorenzo ricordo
che guidavi con la mia mano tra la tua,
il posto bello che avevi deciso,
il cielo quasi a toccarlo
e le mille stelle sopra di noi.
5 ne avevi scelte, perché 5 erano i tuoi desideri:
“non partire”
“a Natale camminiamo con l’ombrello sotto la pioggia cercando regali”,
“andiamo a leggere un libro al parco”,
e quali erano gli altri due?
Della notte di San Lorenzo ricordo
la nostra canzone che hai fatto suonare,
e quel bacio diverso che mi volevi dare.
Io che dovevo tra poco partire
e noi che non ci volevamo staccare.
Della notte di San Lorenzo ricordo,
ricordo tutto.
Attimo per attimo.
Occhi negli occhi.
Stella per stella.
Essere Noi
E
chissà se ogni tanto ti ritorno in mente.
Chissà se ogni tanto mi pensi.
Se pensi, almeno a volte, che questa storia,
la nostra, non doveva finire.
Chissà se ti capita di svegliarti in piena notte,
con un vuoto sul cuore,
chiedendoti come sarebbe andata se avessimo resistito,
invece di mollare la presa.
Se oggi saremmo ancora Noi,
a guardarci negli occhi e sorridere,
e a parlare così, con gli occhi,
come facevamo sempre.
E a prenderci in giro, giocando,
come facevamo sempre.
Magari tra alti e bassi, certo.
Però, ad essere Noi.
A piccoli passi
«Insomma ti sono mancato?» Le chiese.
«Per nulla» gli rispose, ma un sorriso imbarazzato e uno sguardo colmo di tenerezza rivelavano il contrario.
«Io credo che dovremmo darci un’altra possibilità.»
«Io credo tu sia pazzo.»
«Allora ricominciamo a piccoli passi, riscopriamoci di nuovo. Mi piacerebbe conoscerti un’altra volta. Ricordarci perchè ci eravamo innamorati, o perchè non aveva funzionato. Non farlo per me, ma per noi. Lo dobbiamo a quello che avevamo provato insieme.»
«Piccoli passi, per esempio?»
«Ad esempio, esci con me una sera?»
Ricominciare dagli errori
«Tu non pensi che potremmo ricominciare?» Le chiese.
«Non credo. Abbiamo fatto troppi errori, e non ha funzionato. Perchè dovrebbe adesso?» Gli rispose lei.
«Perchè possiamo ripartire proprio dagli errori. Ci hanno permesso di conoscerci ancora di più.»
«Ma ci hanno anche fatto perdere.»
«Però ci hanno anche fatto capire quanto l’una conta per l’altro e quanto forte è la mancanza che sentiamo quando l’altro non c’è. Dimmi quando sbaglio, fammelo notare. Io voglio migliorarmi. Migliorare per te, per noi. Non ti posso promettere che funzionerà, e capisco che tu sia spaventata, ma l’unica cosa che posso prometterti è che mi impegnerò sempre per ritrovarci.»
Cadrai? Ti rialzerai! Ti amo amore mio
Eravamo in piazza, tra amici. Avevamo avuto discussioni, poi lui era partito, ed erano settimane che non ci vedevamo. Avevo il cuore a mille, anche se dubitavo che vedersi potesse essere ancora come prima. Magari saremmo stati gelidi, cambiati, indifferenti. Poi fu un attimo. Arrivò e il tempo di nemmeno un ciao già lo stavo abbracciando. “Ciao amore mio”, pensai dentro di me.
Più tardi mi si avvicinò qualcuno che per me era come una mamma. Mi portò più in là, in disparte.
«Cos’hai piccola? Lo vedo che non stai bene.»
«Sì, è un periodo pesante. Tanti problemi diversi.»
«E qui come va?» Mi chiese poggiandomi una mano all’altezza del cuore.
Poi si voltò a guardare il mio lui. Rimasi sorpresa perchè non le avevo detto nulla in quei mesi, era un sentimento così pulito che avrei voluto tenerlo protetto dal mondo, la paura di perderlo era immensa. Non facevamo grossi gesti davanti agli altri.
«Come l’hai capito?» Le chiesi.
«Lo so da mesi. Un giorno vi ho visti insieme, era Gennaio. Lui ti sfiorava come solo chi ti ama può farlo, e tu lo guardavi come solo chi ama può guardare.»
Feci un sorriso imbarazzata. «Sì però non funziona. Non lo vedo preso, sono sempre io a rincorrerlo. Ed ho paura di soffrirci dopo.»
«Piccola mia, io lo so che fino ad oggi hai solo sofferto, che le cose non sono mai andate per come ti meritavi e che la tua fiducia nel mondo è minima, ma non puoi frenarti per questo. Lo vedi quell’uomo laggiù?» Mi disse indicando il mio lui. «Vattelo a prendere. Buttati con tutta te stessa. Fate qualcosa! Sposatevi, fate un figlio, andate a vivere insieme! Costruitevi qualcosa di vostro, solo vostro. Andrà male? Ti accorgerai che le tue paure erano giuste? Cadrai? Ti rialzerai! Come tutte le volte che l’hai già fatto fino ad oggi. Lo vedi quell’altro uomo laggiù?» Mi disse indicando suo marito. «Ero molto più piccola di te quando ho messo in gioco tutta me stessa. Avevo solo 20 anni, un figlio in arrivo e la paura di saltare. L’istinto era quello di buttare tutto all’aria, e continuare per la mia vita. Ma se lo avessi fatto oggi non avrei la famiglia meravigliosa che ho. Vuoi sapere se è stato facile in questi anni? No! In 20 anni ho pensato di divorziare almeno 17 volte, tenendo conto solo di quelle serie! Siamo arrivati a dirci di tutto, abbiamo litigato così tante volte da perdere il conto, ci siamo allontanati e abbiamo lanciato anche qualche piatto forse. Ma ci siamo sempre ripresi, sempre tenuti, sempre amati. E lo amo ancora oggi, e lui ama me. Adesso andiamo da loro.»
Mi prese a braccetto e ci dirigemmo verso i nostri uomini. Arrivai dal mio e decisi di fare un altro passo verso di lui, perchè alla fine lo facevo per noi. Avrei voluto ne facesse uno lui, almeno stavolta. Avrei voluto essere più orgogliosa e farmi inseguire un po’. Ma con lui non funzionava. Se scappavo lui mi lasciava andare. Ci teneva poco? Può darsi. Ma in quel momento non riuscivo ancora a lasciarlo andare.
«Vieni un attimo con me?» Gli dissi prendendolo a braccetto. Lui annuì. Camminammo un po’, allontanandoci dalla piazza e da occhi indiscreti. Mentre camminavamo scherzammo un po’: «che è successo?» Mi chiese lui.
«Ti devo rimproverare per una cosa.» Gli dissi. Mi guardò preoccupato.
E invece, non appena fummo sufficientemente nascosti, lo guardai occhi negli occhi. Gli stessi occhi che amava tanto, gli stessi che sistemavano sempre tutto. Mi avvicinai piano piano «mi sei mancato» gli dissi.
«Anche tu» mi rispose. Da lì non ricordo più il dialogo perchè ero totalmente andata, persa. Ci baciammo di un bacio bellissimo. Erano mesi di baci eppure quello mi sembrò il primo. A volte con lui accadeva. Guardarsi era ogni giorno come il primo giorno. Fu bellissimo quella sera. Era come se la gente intorno a noi fosse scomparsa.
Poi ci guardammo ancora, sapevo cosa voleva sentirsi dire. Mi aveva detto ti amo un po’ di tempo fa ma io non ero mai riuscita a dirglielo. Ero molto chiusa sentimentalmente, e molto spaventata. Piena di ferite e cicatrici. A volte mi aveva un po’ spinta a dirglielo, e la cosa mi aveva infastidito. Ma non gliel’avevo mai detto. Così quella sera provai a farmi forza, ad andare oltre i miei limiti. Avevo interrogato il mio cuore e speravo mi aiutasse a parlare per me, che di parole ne usavo pochissime.
«Cosa provi per me?» Mi chiese.
Glielo dissi, mentre mi scoppiava il cuore: «io ti amo».
Mi sorrise: prima con gli occhi, che si illuminarono, poi con tutto il resto del viso. E mi strinse fortissimo.
Giorno 6
Una candelina per ogni nostro errore,
per ogni parola detta di troppo
e per altre dette troppo poco.
Una candelina per ogni spesa fatta insieme,
per ogni piatto cucinato,
per ogni tavolo apparecchiato.
E poi un’altra,
per ogni broncio e per ogni silenzio,
per ogni sorriso e ogni risata.
Un’altra ancora,
per ogni difetto sopportato,
per ogni problema superato,
per ogni distanza colmata.
Una candelina per ogni promessa,
per ogni speranza,
per ogni ricordo bello che batte il male.
Un’ultima per ogni forza che c’è mancata,
per ogni terza persona ascoltata
che si è messa in mezzo quando ci ha trovati
fragili e arrabbiati.
E quindi sono sei le candeline,
come il tuo giorno ed anche il mio.
E chiamarsi fa paura. Nel doverci dire troppo
e nel finire a dirci niente.
Per poi scoprire che non siamo più noi.
E allora, impauriti, ci accontentiamo dei ricordi.
Soffia su ogni candelina,
sorridi ad ogni torta e ad ogni sorpresa.
Anche se non è mia. Che io sono qui e tu sei lì.
Anche se non so dove. Ma, ovunque sia,
stasera esprimi un desiderio, e poi soffia.
Insegnami a restare
«Sei sparita. Lo fai ad ogni litigio. E io sono sempre qua.»
«Io non sono brava a fare pace. A recuperare.»
«Lo so. Per questo ogni volta sono qui. Ti terrò strettissima tutte le volte che starai mollando la presa.»
«E se ti stancherai? Quando toccherà a me fare un passo?»
«Lo farai, se ci riuscirai. Altrimenti lo farò io, ancora. Per te. Per noi. Io non mi stancherò. L’orgoglio non serve in amore.»
«Oppure puoi insegnarmi?»
«A fare cosa?»
«Insegnami a restare.»
Lasciarti andare
Ieri mattina ho avuto paura. Paura di dimenticarti.
Per un attimo non ricordavo più in maniera nitida i nostri ricordi, forse li ho sentiti troppo lontani.
Per un attimo il tempo passato ad aspettare il nostro secondo tempo mi è sembrato inutile, sprecato. Perché ho sentito il nulla da stringere nel presente. E di stringere il passato ho paura di non riuscirci più.
Ieri ho sentito una sensazione strana. Come se tu non ci fossi più nella mia vita. Come se non ci fossimo più Noi. Sì, lo so cosa stai pensando… che già non ci sei più nella mia vita da un po’, che ormai nemmeno Noi ci siamo più da un po’.
Ma vedi, quando ci si ama ancora, poco importa se non si sta più insieme, si è sempre presenti l’uno nella vita dell’altro. Come quando c’eri in ogni cosa che facevo o dicevo. In ogni sorriso comparso in quel luogo che era stato nostro, in quel modo di fare che era il tuo, in quel piccolo segnale causale del giorno che mi riportava a te.
Ieri mattina ho avuto paura. Di colpo. Di dimenticare il suono della tua voce. Di dimenticare i tuoi gesti. I tuoi movimenti. I tuoi tratti.
Ho avuto paura di dimenticare i nostri sorrisi appena salita in macchina, anche quando era tempesta fra noi. Perché lo sai, me lo dicevi sempre, che il bello era questo. Che bastava uno sguardo per ritrovare la strada che portava a Noi. Ho avuto paura di dimenticare i tuoi occhi. Quelli che mi avevano fatta innamorare di te, seduto sulla staccionata ad aspettarmi, la sera del nostro primo appuntamento. Perché è lì che ci siamo innamorati. Subito. Con uno sguardo. E poi un altro. E un altro ancora.
Certo è strano. Non è passato poi molto. Non da dimenticare tutto questo.
Qualcuno dice che sia un meccanismo automatico di difesa: pur di non sentire più l dolore, la tua mancanza che ormai non mi faceva respirare, sto cominciando, senza deciderlo, a non ricordare più nulla. Non ricordo più nemmeno se ci siamo amati davvero, se ci siamo stati davvero, se siamo esistiti davvero.
Faceva caldo, era estate… c’eravamo io e tu, Noi, e la serenità che ci faceva stare bene, la felicità che meritavamo. C’eravamo, oppure no?
Non ricordo. Comincia a sbiadire tutto.
Forse la vita mi sta dicendo che sì, è arrivato il momento di lasciarti andare.
Era un Sì?
Erano molto amiche ed erano state sempre presenti nei momenti difficili. L’una dell’altra. L’una per l’altra. Ma era questa la sostanziale differenza con il momento attuale: mentre di solito si erano alternate momenti difficili, questa era la prima volta che ne stavano attraversando uno nello stesso momento. Pesante. Buio. Per motivi diversi, a tratti simili. Eppure, in mezzo a tutta quella tempesta che ognuna delle due stava attraversando, riuscivano ad essere l’unica cosa bella l’una per l’altra. L’unico sorriso. L’unico riparo.
Un giorno, mentre stavano ridendo, una delle due diventò seria e disse: «E se un giorno scoprissimo che la soluzione a tutto eravamo semplicemente noi?»
L’altra non rispose, ma le sorrise. Erano molto diverse, ma molto simili. E quel sorriso era stato come un sì.