A destinazione

Ti vorrei raccontare di quella volta che, guardandomi negli occhi, mentre parlavo di te qualcuno mi disse: “ma ti sei innamorata?”
E lì ho risposto no, perché ho pensato che non poteva essere, non era il momento giusto, era troppo presto, mi dovevo ancora riprendere da tutto quello che era stato prima di te. E invece è lì che la vita ti frega, quando gli altri ti guardano e capiscono che sei innamorata. Li puoi mentire a te stessa, ma il mondo non lo freghi. E lì inizia la corsa, la paura, e inizi a scappare. Ma verso dove?

Che sei arrivata a destinazione e non te ne rendi nemmeno conto.

Solo due chiacchiere

«Quindi quando possiamo fare due chiacchiere?»
«Te l’ho detto io sto alla larga da tutti, perderesti il tuo tempo.»
«Non la vedo come una perdita di tempo. Ho solo voglia di conoscerti di più. Da quello che ti ho sentito dire fino ad ora mi sembri una persona interessante. Che succede se scambiamo due chiacchiere? Non ho in mente nulla, non voglio nulla.»
«Ok possiamo parlare. Solo per oggi, da domani tutto finito.»
«E se io volessi restare?»

«Tanto appena inizierai a conoscermi scapperai da solo.»
«Vorrei correre il rischio.»
«E perchè?»
«Perchè ho pensato dal primo istante che con te valesse la pena rischiare.»

Chi fa la differenza

Alla fine si era convinto ad uscire, solo una birra con un amico. Forse si sarebbe distratto un po’.
E invece no. È proprio vero che quando hai una persona dentro non può aiutarti nessun luogo e nessuna persona, se non la stessa per la quale stai così. Ascoltava l’amico, ma si sentiva apatico. Guardava la gente intorno e gli sembrava tutta uguale. Lui la differenza l’aveva già trovata. Ma a volte l’amore è un gran casino.
«A che pensi?» Chiese l’amico.
«Sto pensando che per orgoglio o testardaggine me la lascio scappare, ma io non voglio lasciarmela scappare.»

Nonna, ma tu e il nonno come vi siete innamorati?

Pensava a sua nonna. Alla lezione sull’amore che le dava sempre quando era più piccola. Le piaceva tanto farsi raccontare la storia del loro amore, quello suo e del nonno. La sapeva a memoria, ma ogni volta le piaceva riascoltarla.
«Nonna, ma tu e il nonno come vi siete innamorati?»
«Un giorno è passato sotto il mio balcone, ha incrociato il mio sguardo e ci siamo sorrisi.»
«E poi?»
«E poi nulla. Ci siamo innamorati in quel momento.»
«Soltanto?»
«Sì, l’amore non ha bisogno di grandi gesti e di grandi tempi. L’amore è un attimo. Lo capirai quando sarai più grande e ti innamorerai anche tu.»
«E quando vi siete fidanzati?»
«I tempi erano diversi da adesso, non c’era tutta questa prova di conoscenza. Il nonno dopo quello sguardo partì per il militare. Per 6 mesi mi chiamava a casa tutte le sere, per qualche minuto. Era il momento più bello della giornata. Appena è sceso di nuovo qui mi ha chiesto di fidanzarci ufficialmente. Che non era un gioco come adesso, una prova, un vediamo come va. Era un affare serio! Era una promessa! Ho detto di sì. 6 mesi dopo, al rientro ufficiale dal militare ci siamo sposati.»
«Ma nonna! Subito? Così senza conoscervi?»
«Ti sbagli, io e il nonno ci siamo conosciuti, e molto bene anche. Io ho conosciuto i suoi pregi e lui i miei, e infine i difetti… e il nonno come sai ne ha ben tanti! Ma sono i difetti che lo rendono l’uomo che mi ha sorriso con gli occhi quel giorno sotto il balcone, e io quegli occhi non li ho mai voluti cambiare. Io e il nonno abbiamo scelto di non scappare dai difetti l’uno dell’altra, di non buttarli pensando di trovare di meglio, ma di perdonarci per gli sbagli e di ritrovarci sempre. Io e il nonno abbiamo scelto di conoscerci, per 50 lunghi anni. E ancora oggi continuiamo a conoscerci.»

Ci siamo insegnati tanto

L’unica cosa che spero è di averti lasciato qualcosa. Ci siamo insegnati tanto a vicenda, non trovi? Tu per esempio mi hai insegnato che farsi aiutare non è un segno di debolezza, e che dove non arrivavo da sola saremmo potuti arrivare in due. Ti ricordi quando non riuscivo a montare quel pupazzetto trovato dentro l’uovo? Sì sembra un ricordo banale, ma è proprio dalle piccole cose che si impara di più. Tu insistevi per ascoltarti e montarlo diversamente, ma io non volevo aiuto, dovevo farcela da sola, come sempre. Ma non riuscivo a montarlo. Alla fine ti sei avvicinato un attimo e l’hai sistemato tu. Non sono portata per le costruzioni sai? Forse nemmeno quelle dei rapporti. Per questo ero così abile a distruggere sempre tutto. Ricordi che te lo dissi una volta, all’inizio, una delle tante in cui io puntualmente scappavo? Ti dicevo sempre di lasciarmi andare. Un giorno ti ho detto «io sono così, non le so gestire le cose belle che mi spaventano, ma sono bravissima a rovinarle». E tu mi hai detto «smettila e lascia fare a me, che le cose belle non è mio uso distruggerle». E ti ho lasciato fare. Per fortuna. Tu avevi questa capacità di tenermi sempre. Stretta. Nel modo giusto. Nel modo per me. Riuscivi a scavalcare tutti i muri che mettevo. Alti, duri, spessi. Insormontabili per chiunque, tranne che per te. Io ti respingevo e tu eri sempre là.
Ah e poi mi hai insegnato a prendere del tempo e a non farci nulla. Ricordi la mia incapacità di rilassarmi? Di riposarmi? Il mio continuo lavorare? Il mio continuo fare? Perché altrimenti pensavo di stare sprecando tempo? Sei stato l’unico che riusciva a farmi passare delle ore senza fare nulla, ad alzarci tardissimo la mattina, o solo a stare abbracciati sul divano. Che poi non è vero che era nulla, era tantissimo.
E io cosa ti ho insegnato? Una cosa la ricordo. Quando preparavamo la pasta che dovevi portarti l’indomani al lavoro, ricordi? Tu la mettevi ancora calda nel contenitore, chiudevi subito ermeticamente e poi la mettevi in frigo.
«Non dovresti farlo» ti ho detto un giorno «il frigo si rovina e poi fa male chiudere i cibi ancora caldi».
All’inizio non mi hai presa sul serio, poi mi hai guardata con scetticismo, infine quella sera prima di coricarci ho visto che la pasta l’avevi lasciata sul tavolo a raffreddare. Non ti ho detto nulla, non mi interessava prendermi meriti, ma ho sorriso.
Come quella sera che non eravamo insieme, mi hai mandato un messaggio e mi hai scritto “amore mi sono preparato il riso da portarmi al lavoro domani, adesso l’ho messo nel contenitore e l’ho lasciato aperto, aspetto che si raffreddi prima di metterlo in frigo… proprio come mi hai insegnato tu”.

Resilienza: cadere, rialzarsi e ripartire

Resistere agli urti della vita riuscendo, dopo un momento difficile, a riprendere in mano se stessi, la propria vita e ricominciare. Ecco la resilienza. 

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