Amo vederti sorridere mamma, è la cosa più bella del mondo, è la cosa che riesce a fare sorridere pure me. Mi piace quando ridi, qualsiasi sorriso sia. Amo il sorriso che fai mentre ti coccolo, quella serenità che segue i tratti del tuo viso. Quel viso che amo, perchè sa di pulito, di vita onesta, di cose semplici. Come tutte quelle che mi hai insegnato. Amo il sorriso che fai quando rientro a casa, un solo sorriso riesce a dirmi “mi sei mancata”. Mi piaci perchè ci amiamo ma non ci soffochiamo. Mi piaci perchè parli sempre con calma, bilanciando l’aria che si fa pesante. Amo i nostri sorrisi che si capiscono al volo. E i tuoi occhi che sorridono prima delle labbra. Quando siamo insieme non ci manca nulla. Lo penso mentre a volte ti guardo, la sera mentre ti sei addormentata sul divano. È sempre la stessa storia: non hai sonno e vuoi restare a guardare la tv, ma poi crolli dopo pochi minuti. Ti guardo dormire, seguo il disegno del tuo respiro e, allora, lì sono io che sorrido.
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Sul cuore
Vorrei raccontarti di tutte le volte che ti penso.
La mattina, appena apro gli occhi.
Quelli grandi, che amavi tanto.
Sicurezza e rifugio per te.
Sei già sveglio? Dormi ancora?
Sono tra i tuoi primi pensieri?
Vorrei raccontarti di tutte le volte che ti penso.
È mattina presto, io e te e basta,
una passeggiata in una città sconosciuta.
Sono in cucina, l’odore del caffè.
Sarà dura anche questa giornata?
Mi avresti detto no, anche se sapevi
sarebbe stato un sì.
Di quando entro al supermercato.
Vorrei comprarti tutto quello
che non posso più regalarti.
E che sarebbe stato sempre la metà
di tutto quello che tu compravi per me.
Stasera mangio fuori.
Sto chiudendo casa e penso a te.
Scendo le scale e penso a te.
Apro il portone e guardo la macchina,
anche se lo so che non ci sei.
“Dove andiamo?” Chiedevi.
“Non lo so, scegli tu” Rispondevo.
E passavamo delle ore. Indecisi e complici.
Divertiti e complici. Arrabbiati e complici.
Complici sempre, io e te.
Invece stasera hanno già scelto.
Non passerò delle ore, indecisa.
E non sarò complice, di sguardi e sorrisi.
Di baci e abbracci stretti.
C’è la nostra canzone.
Al mare e al centro commerciale.
In macchina e alla televisione.
Stai cercando un modo per parlare?
C’è una coppia di anziani, qui davanti a me.
Si sorridono, stretti, e un po’ litigano,
ma sempre stretti.
“Io e te tra qualche anno” Avresti detto.
Avrei sorriso. Sorrido anche adesso.
Chissà se torneremo, tra qualche anno.
Vorrei raccontarti di tutte le volte che ti penso.
E sono tante, come vedi.
E ne mancano molte altre, mi credi?
Il tempo non serve a dimenticare,
la distanza non basta per non amare,
il silenzio si può ascoltare.
Ti porterà lì, dove sei rimasto,
lì, dove ti tengo.
In alto, a sinistra.
Sul cuore.
Amarsi invecchiando
Lui la guarda e sorride,
di anni ne avrà molti.
Cammino in città,
poi mi volto e li vedo.
Anziani, acciaccati, stanchi
ma comunque innamorati.
Lui la tiene per mano,
si gira a guardarla
e ogni volta sorride.
Le stringe la mano,
stretta,
ogni tanto la guarda
la mano incrociata alla sua,
e sorride.
E guarda lei
e sorride.
Immagino quel sorriso cinquant’anni fa,
la prima volta che la vide.
E poi un altro,
la prima volta che la scelse.
E poi un altro,
e un altro ancora,
giorno dopo giorno,
sorriso dopo sorriso.
E forse è questo l’Amore:
il tempo che passa,
il corpo che invecchia,
i capelli che imbiancano,
ma le mani strette ancora
e il sorriso occhi negli occhi
come il primo giorno
di cinquant’anni fa.
La notte delle stelle
Della notte di San Lorenzo ricordo
sorrisi dolci a cena,
una piadina per due.
Sguardi complici e frasi perfette
dette e non dette
inizi tu e completo io.
Annusarsi la pelle
dentro quel piccolo locale fatto per due
“Perché mi annusi?” ti ho chiesto
“Ogni tanto controllo se sei reale” mi hai risposto.
Ho sorriso. Hai sorriso.
“Adesso ti porto a vedere le stelle” mi hai detto,
“al mare o in montagna?” mi hai chiesto.
“Scegli tu” ti ho risposto.
Non mi importava delle stelle:
cos’altro avremmo potuto desiderare?
Avevamo tutto, eravamo tutto.
Della notte di San Lorenzo ricordo
che guidavi con la mia mano tra la tua,
il posto bello che avevi deciso,
il cielo quasi a toccarlo
e le mille stelle sopra di noi.
5 ne avevi scelte, perché 5 erano i tuoi desideri:
“non partire”
“a Natale camminiamo con l’ombrello sotto la pioggia cercando regali”,
“andiamo a leggere un libro al parco”,
e quali erano gli altri due?
Della notte di San Lorenzo ricordo
la nostra canzone che hai fatto suonare,
e quel bacio diverso che mi volevi dare.
Io che dovevo tra poco partire
e noi che non ci volevamo staccare.
Della notte di San Lorenzo ricordo,
ricordo tutto.
Attimo per attimo.
Occhi negli occhi.
Stella per stella.
Gli odori della nostra vita
Ci sono odori e profumi che non possiamo dimenticare, nemmeno a distanza di mesi o anni. Perché sono gli odori che hanno fatto da colonna sonora ai momenti più importanti della nostra vita.
Quando ci riferiamo a questo tipo di odori, non intendiamo il profumo in sé, cioè quello confezionato che ogni persona usa. Anche se è vero che spesso amiamo il profumo che qualcuno indossa, e ci capita di risentirlo negli altri o semplicemente in giro, quello di cui parliamo è un altro tipo di profumo.
È un odore che non si sente soltanto con il naso, con l’olfatto. È un odore che si sente con la pelle, con gli occhi e con l’anima. Sono quei profumi che ti entrano dentro, senza che te ne accorgi, e poi ti restano. Sono i profumi che più ti scombussolano, che ti provocano emozioni, belle o brutte che siano. Che ti evocano ricordi e ti fanno rivivere costantemente lo stesso momento di quando l’hai sentito.
Questo tipo di profumo non sempre ha una spiegazione. Tu cammini per strada, senti un profumo e lo colleghi a qualcosa. Non sempre focalizzi subito cosa. A quanti di noi è capitato di dire “mi ricorda qualcosa ma non so cosa”. Ecco. Non sempre un profumo è immediato. Non sempre l’associazione è chiara. Magari dentro di voi quell’odore è entrato, e li è rimasto, ma senza che voi ve ne siate accorti. O forse l’associazione è dolorosa, il ricordo di quel momento o di quella persona lo è, e allora inconsciamente lo rimuovi, non lo accetti, non vuoi sentirlo. Il più delle volte questa lotta interiore con noi stessi è inutile. Un odore ti entra dentro e lì resta.
I primi profumi che ricordiamo sono di solito associati a periodi della nostra infanzia. Penso che ognuno di voi ha il suo, o anche di più.
Io il primo che ricordo lo associo a mia nonna. Che poi è la persona che mi ha cresciuta. Una mamma. Ed è quello della salsa. Ne associo molti altri a lei, ma questo è quello più forte. Si alzava prestissimo per farla. Il profumo saliva su per le scale, oltrepassava due piani. Non ho più conosciuto nessuno che facesse la salsa come mia nonna. Io poi nemmeno ne mangio. Mangiavo la sua però. La mangiavo non con la bocca ma col naso, quasi. Anche mia madre a casa la faceva, ma non era come quella di nonna. Nessuna salsa lo è mai più stata. Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di magico in quel sugo. Forse era la combinazione perfetta del sale e dello zucchero. O forse i pomodori che sceglieva con cura. O forse quel modo di girarla alla perfezione, mentre per la casa riecheggiava il borbottio della padella scoppiettante. Io nemmeno arrivavo ai fornelli, piccola com’ero. E poi a nessuno era permesso mettere le mani mentre la nonna cucinava, la salsa soprattutto. Però io ero speciale, a me lo permetteva. Per aiutarmi ricordo che prendeva una sedia, mi aiutava a salire e finalmente la mia altezza combaciava con i fornelli. Mi dava il mestolo e avevo il permesso di girarla. Nel senso in cui mi diceva lei, correggendomi quando sbagliavo il senso o l’andatura.
Ai nonni penso che i nipoti associno un sacco di odori. Mio nonno ad esempio, appena il giardiniere andava via, mi prendeva per mano e mi portava in giardino. Ci sedevamo sull’erba, lì in campagna e mi diceva di respirare. Si sentiva l’odore dell’erba appena tagliata. Non credo amassi particolarmente la campagna io, sono sempre stata più un tipo da città, fin da piccola, però il nonno riusciva a farmelo amare quell’odore. Mi diceva che era l’odore di rinascita. Il prato tagliato era la metafora della vita: quando qualcosa non va più bene non si può restare immobili né aspettare, bisogna fare qualcosa. Si taglia la parte che non va bene, ma non si toccano le radici, la parte più vera e profonda di noi stessi. E come il prato riprende a respirare, anche noi possiamo riprendere a farlo. Non saprei dire se da grande sono stata così brava a rispettarla questa metafora. Ma so che l’odore è rimasto.
Però gli odori non sono soltanto così specifici: salsa = nonna, erba = nonno. Di questi possiamo averne a migliaia. Tanti odori che associamo ad una madre, ad un padre, ad un familiare caro o ad altri. Io in realtà non mi ero mai soffermata a pensare agli odori. Ho iniziato quando ne sentivo uno e non sapevo spiegare quale fosse. Mi riferivo al profumo dell’estate. Io questa stagione non l’ho mai amata particolarmente, amo il mare sì, ma non ho ricordi belli e importanti collegati. Quando è arrivata ho iniziato a guardarmi in giro, mi sentivo circondata da odori. Senza nulla di specifico. E li associavo tutti ad una persona. Che fa parte del passato. Che non fa più parte della mia vita, ma che ha reso per la prima ed unica volta nella mia vita, un’estate speciale. Forse perchè odorava di felicità, di sentirsi amata, finalmente. Allora mi sono accorta che ogni tratto d’estate, ogni raggio di sole, ogni luce di luna, ogni sera stellata, ogni frastuono di bambino e di vita fino a tardi me lo ricordava. È stato lì che ho capito che un odore può essere qualcosa di indefinito. L’odore di una stagione, senza nulla di specifico ma tutto che si associa.
Così mi sono interrogata. Ho iniziato a riflettere sugli odori indefiniti e non specifici. E mi sono accorta che sono un sacco quelli che possiamo associare.
Ad esempio c’è l’odore dei fallimenti. È l’odore di quando volevi far qualcosa ma non hai potuto, di quando ci credevi ma non è andata. L’odore di quando non ci sei riuscito.
Poi c’è l’odore della rabbia. Quando sei così arrabbiato con il mondo che vorresti spaccarlo tutto, pezzo per pezzo. Quando sei così arrabbiato che quasi non respiri. L’odore di quando vorresti urlare piangere e colpire un muro. E invece quella rabbia è così grande che non riesci a fare nulla. Quel dolore che se ne sta lì, immobile dentro di te. Ecco, l’odore del dolore. Il più forte di tutti, quello che ti resta dentro l’anima. Non credo esista un solo odore per il dolore.
Il dolore, di solito, è collegato ad un momento o ad una persona, e avrà un odore che non sarà uguale per ogni brutto momento o per ogni persona che ci ha fatto male. Però il dolore è universale. Il petto che si spacca, le gambe che vacillano, il cuore preso e frammentato. È quello. L’odore di quando credi di non farcela. Di non potercela fare. L’odore del vuoto che ti resta dopo, quando il dolore ti cambia. Ti svuota e ti fa chiudere alla vita. Anche se non glielo dovremmo permettere. Anche se dovremmo ricominciare ogni giorno come se non avessimo mai sofferto, ma non si può.
L’odore della rabbia, del dolore, della paura. Figli della stessa madre.
L’odore dell’abbandono. Non ti ho trovato più.
E poi c’è l’odore del tempo. Quando la vita ci scappa tra le mani e ci sentiamo in ritardo. Come sei arrivato fino a qui? Di già? Avevi tanti progetti, tanti sogni, dove sono finiti? L’odore del tempo che corre. Che non si ferma. Che non ti aspetta. I rimpianti ed i rimorsi. “Avrei potuto dire, avrei potuto fare”, “e se…”. E mentre pensiamo a tutto quello che non è andato, a tutto quello che avremmo voluto fare e non abbiamo fatto, a tutti gli errori commessi, il tempo continua a passare. E noi ne perdiamo dell’altro.
E poi ci sono i due odori più importanti: quello dell’oggi e quello del domani.
L’oggi profuma della mia migliore amica. Lei ha tutti i profumi della mia vita. Odora di pollo al curry, di cocco e di vaniglia. Ma odora anche di Casa, di un porto sicuro, di notti tra lacrime che diventano sorrisi. Odora di mani che ti tengono. Di abbracci sentiti, pochi. Ma forti. Odora di cose mai conosciute e d’improvviso scoperte. Di fiducia. Di rispetto. Di ritorni. Di litigi e di pace. Odora di famiglia, di chi puoi contare, di chi c’è. Odora di silenzi, che non pesano perché sanno già parlare. Odora di serenità. Di racconti complici mettendo a nudo tutta te stessa. Lei ha tutti gli odori che sento in giro. Odora di Vita. Odora di Amore, qualunque forma sia.
L’odore del domani non lo conosco. Nessuno di noi lo conosce. Mi piace pensare che sia un odore bello, che la felicità si farà sentire. Che non può girare sempre contrario il vento. Ma se così dovesse essere va bene anche perché, alla fine, gli odori che ci hanno fatto più male sono anche quelli che ci hanno reso così forti come siamo oggi.
Siamo chi siamo più per il dolore vissuto che per le cose belle, e se impariamo a pensare che tutto accade per un motivo possiamo accettare qualsiasi vento contrario.
L’estate profuma di te
Se è vero che ogni periodo porta con sé un odore,
se è vero che colleghiamo profumi a momenti,
allora per me l’estate profuma di te. Porta il tuo odore. Anche se non siamo andati al mare. Anche se lavoravamo sempre.
Sa di caldo insopportabile e di serate cercando stelle. Sa di sorrisi e gelosie. Di confidenze in riva al mare, mostrare il cuore con la luna testimone e la spiaggia silenziosa. Sa di essere diversi dagli altri, di cercare posti tranquilli senza gente, o va bene anche casa.
Che tanto ci bastava poco. Un panino a notte fonda, il tragitto in macchina e la stanchezza da nascondere. Due chiacchiere prima di dormire e buonanotte strette.
L’amore
Lui mi guarda
e sorride,
deve essere questo l’amore.
Nonna, ma tu e il nonno come vi siete innamorati?
Pensava a sua nonna. Alla lezione sull’amore che le dava sempre quando era più piccola. Le piaceva tanto farsi raccontare la storia del loro amore, quello suo e del nonno. La sapeva a memoria, ma ogni volta le piaceva riascoltarla.
«Nonna, ma tu e il nonno come vi siete innamorati?»
«Un giorno è passato sotto il mio balcone, ha incrociato il mio sguardo e ci siamo sorrisi.»
«E poi?»
«E poi nulla. Ci siamo innamorati in quel momento.»
«Soltanto?»
«Sì, l’amore non ha bisogno di grandi gesti e di grandi tempi. L’amore è un attimo. Lo capirai quando sarai più grande e ti innamorerai anche tu.»
«E quando vi siete fidanzati?»
«I tempi erano diversi da adesso, non c’era tutta questa prova di conoscenza. Il nonno dopo quello sguardo partì per il militare. Per 6 mesi mi chiamava a casa tutte le sere, per qualche minuto. Era il momento più bello della giornata. Appena è sceso di nuovo qui mi ha chiesto di fidanzarci ufficialmente. Che non era un gioco come adesso, una prova, un vediamo come va. Era un affare serio! Era una promessa! Ho detto di sì. 6 mesi dopo, al rientro ufficiale dal militare ci siamo sposati.»
«Ma nonna! Subito? Così senza conoscervi?»
«Ti sbagli, io e il nonno ci siamo conosciuti, e molto bene anche. Io ho conosciuto i suoi pregi e lui i miei, e infine i difetti… e il nonno come sai ne ha ben tanti! Ma sono i difetti che lo rendono l’uomo che mi ha sorriso con gli occhi quel giorno sotto il balcone, e io quegli occhi non li ho mai voluti cambiare. Io e il nonno abbiamo scelto di non scappare dai difetti l’uno dell’altra, di non buttarli pensando di trovare di meglio, ma di perdonarci per gli sbagli e di ritrovarci sempre. Io e il nonno abbiamo scelto di conoscerci, per 50 lunghi anni. E ancora oggi continuiamo a conoscerci.»
Era un Sì?
Erano molto amiche ed erano state sempre presenti nei momenti difficili. L’una dell’altra. L’una per l’altra. Ma era questa la sostanziale differenza con il momento attuale: mentre di solito si erano alternate momenti difficili, questa era la prima volta che ne stavano attraversando uno nello stesso momento. Pesante. Buio. Per motivi diversi, a tratti simili. Eppure, in mezzo a tutta quella tempesta che ognuna delle due stava attraversando, riuscivano ad essere l’unica cosa bella l’una per l’altra. L’unico sorriso. L’unico riparo.
Un giorno, mentre stavano ridendo, una delle due diventò seria e disse: «E se un giorno scoprissimo che la soluzione a tutto eravamo semplicemente noi?»
L’altra non rispose, ma le sorrise. Erano molto diverse, ma molto simili. E quel sorriso era stato come un sì.
Te l’ho già detto che stasera sei bellissima?
«Te l’ho già detto che stasera sei bellissima?»
Era la prima frase che le diceva tutte le volte che uscivano a cena insieme. Inizialmente lei non ci credeva, era sempre stata insicura sul suo aspetto, nonostante i tanti uomini che le correvano dietro. Di certo lui non era il primo a dirglielo, ma era il primo a farglielo credere. Col tempo era arrivata a sentirsi bella davvero, qualsiasi cosa indossasse, qualsiasi trucco evitasse, qualsiasi passo facesse.
Passavano i giorni, le settimane, ma loro erano rimasti uguali. Lui non smetteva mai di farla sentire bellissima, e lei di arrossire ogni volta. Sinceramente imbarazzata, scrutandolo con gli occhi per capire se fosse sincero. Lo era. Lui la guardava ogni volta come chi ha davanti a sé la cosa più bella del mondo. E allora, alla fine, così bella si sentiva pure lei.
«Te l’ho già detto che stasera sei bellissima?» Le diceva di nuovo mentre sfogliavano il menu, mentre ordinavano, mentre aspettavano la pizza, mentre mangiavano.
La metteva in difficoltà. Gli piaceva notare che c’era ancora una donna in grado di imbarazzarsi davanti ai complimenti. Gli piaceva ancora di più perché quella donna era la sua.
A volte sembrava andarne fiero.
«Te l’ho già detto che stasera sei bellissima? Non lo ricordo.» E lei sorrideva. Sorrideva sempre quando era con lui. Bella, più bella quando si guardava attraverso gli occhi di lui.